Recenti rivelazioni sollevano preoccupazioni su una possibile violazione della libertà di parola negli Stati Uniti durante la pandemia. Documenti ottenuti dall’organizzazione America First Legal (AFL) mostrano come Facebook, su pressione dell’amministrazione Biden-Harris, avrebbe creato un portale riservato al governo per segnalare e rimuovere contenuti non allineati alla campagna Covid-19. I Centers for Disease Control and Prevention (CDC), grazie a questo portale, potevano indicare post da censurare, etichettandoli come disinformazione o contraria alla fiducia nei vaccini. Questo sistema automatico generava segnalazioni che Facebook poi doveva gestire, rimuovendo post e contenuti ritenuti non conformi agli “standard della community”, che includevano informazioni considerate false dalle autorità sanitarie pubbliche.
Secondo AFL, questa pratica ha portato alla censura di milioni di post, suscitando accuse di violazione dei diritti del Primo Emendamento. Rob Flaherty, membro della campagna di Kamala Harris, avrebbe giocato un ruolo chiave nelle pressioni esercitate sulla piattaforma social. Facebook, da parte sua, ha ammesso di aver ricevuto pressioni dalla Casa Bianca, ma ha collaborato fornendo assistenza strategica ai CDC con un “regalo” di 15 milioni di dollari in credito pubblicitario per le campagne governative.
Il sistema di censura si basava su un accesso esclusivo al Government Reporting System (GRS), una piattaforma che permetteva agli utenti governativi di segnalare contenuti critici sul Covid, inclusi post contrari alle misure di prevenzione come l’uso delle mascherine e il distanziamento sociale. Queste dichiarazioni, comprese quelle dell’immunologo Anthony Fauci e di altri esperti, sono state successivamente contestate da studi scientifici. Tuttavia, all’epoca, furono rimosse come disinformazione per evitare che minassero la fiducia nei vaccini e nelle politiche sanitarie pubbliche.
Il gruppo America First Legal ha descritto questa collaborazione tra governo e social media come “fascismo”, poiché rappresenterebbe un’alleanza per sovvertire i diritti fondamentali degli americani. Secondo Gene Hamilton, direttore esecutivo di AFL, la pandemia è stata usata come pretesto per censurare online il dissenso, limitando la libertà di espressione. Hamilton sottolinea che il diritto di contestare l’autorità è un pilastro della democrazia, eppure, in nome dell’emergenza sanitaria, è stato messo a rischio attraverso accordi segreti tra amministrazione e aziende private.
Questa vicenda solleva questioni cruciali sul ruolo delle grandi piattaforme digitali nella gestione delle informazioni pubbliche e sui limiti del potere governativo nel controllare il flusso di notizie durante periodi di emergenza. La possibilità che un governo possa influenzare direttamente ciò che i cittadini vedono o leggono sui social media apre un dibattito su libertà e censura in un’epoca sempre più dominata dalle piattaforme digitali.