Si è concluso il Daimon Tour di Massimiliano Larocca dopo un anno di appuntamenti in Toscana, in pesentazione dell’ album Daimon prodotto da Santeria Records/ La Chute Disch/ Audioglobe, realizzato dall’artista cantautore fiorentino insieme alla bravissima e bellissima Federica Ottombrino, cantante e artista partenopea con la nutrita band composta da Roberto Villa al basso, Diego Sapignoli alla batteria e Ginafilippo Boni alle tastiere che insieme hanno accompagnato Massimilano Larocca dalla sua partenza un anno fa dalla Casa del Popolo “Il Progresso” di Firenze fino al teatro Politeama di Poggibonsi, data in cui il Tour che si è concluso in Toscana ma che proseguirà per altre tre date in Italia, il 29 Novembre 2024 ad Asti, il 25 Gennaio 2025 a Milano e l’ 8 Marzo 2025 a Bujia (Udine).
Un album dalle sonorità profonde e noir prodotto interamente in analogico presso gli studi “L’Amor Mio Non Muore” di Forlì, che trasmette un grande senso di infinito a chi ascolta, attraverso i magici giorni di Alcione, passando per l’ora invisibile, nell’incontro col Leviatano alla ricerca del Daimon che risiede in ognuno di noi, scelto non a caso prima di nascere. Massimiliano Larocca in esclusiva per Firenzenews ci racconta il suo album, da ascoltare e riascoltare tutto d’un suono in compagnia del miglior silenzio possibile, ecco le sue parole:
Signor Larocca ci presenti Daimon, com’è stato creato e costruito?
Daimon è il sesto album che realizzo, ed il secondo che faccio insieme a Hugo Race musicista australiano che ha fatto parte dei Bad Seeds con Nick Cave nei primi anni di formazione della band a metà dei primi anni ’80. Dopodichè lui ha iniziato una carriera solista e ha sempre avuto un legame molto forte con l’Italia, sposandosi con una donna italiana e collaborando con tante band nel nostro paese, ci conosciamo da tanti anni. E’ il secondo disco che facciamo insieme e lui tecnicamente è il produttore aristico del disco, è il secondo lavoro che portiamo avanti a braccetto insieme, ci confrontiamo sulle canzoni, sulla loro scrittura, sugli arrangiamenti, la scelta dei musicisti, è un lavoro che facciamo poi in tandem. Abbiamo tenuto separata l’idea di artista, autore, produttore, arrangiatore, in pratica è un lavoro a quattro mani in totale sinergia. Daimon è il secondo lavoro di una trilogia che realizzeremo.
Che tematiche affronta Daimon?
Il tema di Daimon e la triologia futura si legano al fatto della percezione di un viaggio che si snoda in tre tappe, un viaggio molto personale legato strettamente a vicende di vita vissute. Il primo capitolo di questa trilogia, l’album precedente di Daimon s’intitolava Exit Enfer, che affrontava la tematica della discesa nell’ Ade, Daimon invece racconta la seconda tappa di questo viaggio, ovvero il momento che precede la vita terrena. L’ idea del Daimon che Platone ci racconta, quando la nostra anima prima di raggiungere la vita terrena, sceglie un’immagine che la rappresenti e con essa sceglie anche un proprio destino. Il Daimon è il custode di questo destino che la tua anima s’è scelta. Ovviamente quando poi entriamo nella vita terrena, come ci dice Platone, siamo ignari di quale sia il nostro Daimon, in un certo senso spendiamo la nostra vita in un percorso a ritroso per andare alla ricerce e capire quale sia il Daimon che la nostra anima ha scelto. L’album è composto da semplici canzoni, dove però il viaggio è questo, una ricerca della popria immagine, del proprio destino nel rapporto con l’invisibile, amore, morte bene e male nelle nostre vite, attraverso 10 canzoni scritte con tre lingue diverse.
Perchè 10 canzoni scritte in tre lingue diverse?
Sono canzoni dove l’Italiano è usato per la maggiore, ma ci sono parti in Inglese e in Francese, pe restituire l’ida che il linguaggio dell’ anima è un linguaggio universale.
Qual’è di tutti i suoi lavori quello più introspettivo per lei?
Dire che tra tutti i miei lavori Daimon è quello più introspettivo per me, sono cresciuto nella prima scuola, quella dei cantastorie e dei cantautori italiani, sono sempre stato un cantastorie, ispirandomi ai Folk Singer americani come Bob Dylan, Niel Young, Bruce Spingsteen, un’ispirazione che ho ricevuto da mio padre. Così ho iniziato raccontando delle storie, sociali, anche politiche, oppure di personaggi letterari. Ho realizzato un lavoro su Dino Campana, ma da quando ho iniziato a collaborare con Hugo invece è nato un altro approccio alla canzone, un approccio più introspettivo, più profondo, più filosofico ed è cambiato anche il linguaggio nelle canzoni, sia nella sintassi poetico-grammaticale che in quello musicale. Questo percorso nuovo intendo di svilupparlo in tre dischi e in Daimon siamo andati ancora più a fondo, con canzoni che parlano di trasformazione interiore come “Non sarmo più gli stessi” nella quale s’affronta il tema di questa trasformazone. Sono quelle trasformazioni che nascono dentro di te rapportandoti all’invisibile, a Dio, all’ amore a tuto ciò che ti circonda ma non si vede.
Questo viaggio per lei è più un viaggio dantesco o un viaggio che trae di più dalla mitologia greca?
In Daimon sicuramente il riferimento alla mitologia greca è ampio però un pò come Dino Capana, vedo il cantore che discende nell’Ade come Orfeo nelle figure mitiche trattate nei suoi Canti Orfici, dove però si trovano tanti richiami a Dante, a Leonardo. Dentro di me risiede quest’idea di unire le radici del mondo mitico greco che poi sono le radici della nostra civiltà, ma anche di recuperare in riferimento a Dante un’identità che è proprio nostra.
Qual’è l’opera a cui tiene di più?
L’ opera alla quale tengo di più è sempre l’ultima, l’ultimo disco è sempre quello che ti è più caro, però il lavoro che ho iniziato diversi anni fa su Dino Campana a San Salvi coi Chille de la Balanza da dove ho praticamente iniziato, mi è molto caro. Iniziai li con loro coi primi testi teatrali messi in musica, trattando Dino Campana che prima di essere internato a Castelpulci vicino Scandicci per un periodo venne internato anche a San Salvi. Un lavoro lungo iniziato a fine anni ’90 e potato in musica nel 2016, è un lavoro che attraversa un pò tutti gli anni della mia vita musicale, è un progetto al quale rimango molto legato anche oggi, Dino Campana per me è ua figura ricorrente in tutto il mio percorso artistico.
Quanta Firenze c’è nelle sue canzoni?
Firenze in realtà in filigrana c’è, su un mio disco ntitolato Qualcuno Stanotte ci sono due canzoni dove raccontavo proprio il quartiere, quello di Rifredi dove sono nato. Racontavo gli anni di un quartiere difficile di periferia con la droga e tutte le sue problematiche. In Daimon che è un disco molto concettuale, Firenze appare in filigrana, nelle canzoni si parla di spazi, giorni e luoghi della città che ho vissuto, legati a dei ricordi personali. Sono riferimenti anche se non espliciti sono comunque presenti.
Che cos’è la musica per lei?
La musica per me è il mio strumento di relazione col mondo, quando sei ragazzo fare musica nei modi tradizionali non è facile specie se sei una persona introversa come ero io. La musica mi ha aiutato ad uscire fuori, in effetti tutta la mia rete di relazioni, amicizie, relazioni sentimentali, per lo più sono derivate dalla musica che mi ha portato a contatto con le persone, se non avessi avuto questo strumento avrei sicuramente fatto più fatica a relazionarmi con gli altri. E’ stata il mio strumento di dialogo col mondo e così lo è adesso. Penso di avere più cose da dire interessanti in musica magari che non stando seduto davanti a un caffè.
Nicola Biagi
Artista dall’animo profondo con un interlocutore attento alle mille sfaccettature dell’artista