Intervista all’artista Francesca Lagorio: tra frammenti visivi e memorie emotive, il collage come linguaggio di consapevolezza

ByCamilla Mencarelli

Maggio 16, 2025

In occasione della mostra Sinergie Multidimensionali al CMC di Milano, l’artista fiorentina Francesca Lagorio condivide il percorso che l’ha condotta a esporre tre toccanti collage nati dal connubio tra riflessione sociale, memoria personale e sperimentazione estetica. In questa intervista, Lagorio racconta come il caso l’abbia guidata verso l’opportunità di partecipare alla collettiva, ma anche quanto il collage, nel suo caso, sia divenuto un mezzo espressivo capace di affrontare temi profondi come la migrazione, la violenza sulle donne e il fluire del tempo.

 

Firenze News: Com’è nata la tua partecipazione alla mostra “Sinergie Multidimensionali” al CMC di Milano?

Francesca Lagorio: E’ nata per un colpo di fortuna e del caso. Elena Jelmoni, titolare della Jelmoni Studio Gallery di Piacenza, che ha organizzato la mostra, si era imbattuta in un articolo della testata Agipress del 2018 che segnalava la mia mostra personale di collage fatta in quell’anno alla Simultanea Spazi d’Arte di Firenze, in via San Zanobi. Jelmoni mi ha poi contattata presentandomi questa opportunità e invitandomi a partecipare, cosa che ho colto al volo.

 

FN: Quali opere hai presentato in questa occasione e quali temi hai voluto esplorare attraverso di esse?

FL: La scelta delle opere è stata fatta dalla Signora Jelmoni per rispettare sia quel fil rouge del viaggio attraverso le molteplici espressioni artistiche contemporanee ( pittura, scultura, collage, video arte) sia tenendo conto di come gli artisti riflettono ed interpretano il presente. Dei tre collage che ho esposto solo uno ha un titolo preciso: “I Morti del Mediterraneo”. Quello che stava succedendo allora e che ancora purtroppo accade, con il dramma dei migranti abbandonati in mare, mi aveva scosso moltissimo. Avevo visto le foto di una celebrazione in Grecia delle vittime dei naufragi che mi aveva colpito: le persone entravano in mare coperte da un lenzuolo bianco e tutti questi lenzuoli, che galleggiavano sull’acqua come dei sudari, mi hanno dato lo spunto per creare questo collage. Il dettaglio della testa è una scultura romana tipica del teatro ma contrariamente a quanto vuole esprimere nell’opera, (dolore, paura) è una testa che veniva usata per le commedie, per occasioni di riso e divertimento. L’altro dettaglio a mio avviso importante è la figura dell’uomo centrale che è un estratto dell’opera “I Naufragi” del pittore spagnolo Aurelio Arteta.
Il secondo collage esposto è quello delle “Valigie”. L’intenzione è quella di mostrare la difficolta delle donne, di alcune donne, di separarsi dal proprio compagno violento. Quante valigie devono fare e disfare per riuscire a prendere il coraggio di tagliare le relazioni tossiche e non essere più delle martiri? La scultura dell’uomo è un’opera di Eugenio Baroni, “Atleta Scalatore”, presente allo stadio dei Marmi di Roma. L‘ho scelto perché le corde che tiene nella mano mi sembravano appropriate per rappresentare quello stato di possesso che molti uomini hanno nei confronti delle donne.
L’ultimo collage o Del Rubinetto è un’opera diversa che non si propone nessuna considerazione o critica sociale. La luna da sempre associata al mondo femminile è un elemento che compare spesso nei mei collage. In questo, le sue varie fasi che gocciolano da un rubinetto, rappresentano le emozioni ma anche come queste cambino, si arricchiscano con l’età. Le due figure femminili, una più giovane e l’altra più adulta, si osservano e si confrontano alla luce di queste emozioni.
Tutti e tre i collage sono del 2014.

 

FN: Il titolo della mostra suggerisce un dialogo tra diversi linguaggi artistici. In che modo il tuo lavoro si inserisce in questa sinergia?

FL: Penso che il collage sia un linguaggio artistico importante che dà la possibilità di esprimersi anche ad artisti come me che non hanno seguito studi specifici. Non avendo abilità per la pittura o la scultura, il collage mi ha permesso di creare comunque delle opere con un significato e una forza comunicativa. Alla mostra di Milano c’erano opere di collage anche di un altro artista Elio Del Monaco.

 

FN: Cosa ti attrae particolarmente della tecnica del collage e cosa ti ha spinto a utilizzarla nuovamente nel tuo lavoro?

FL: Credo di aver risposto a questa domanda in quella precedente. Aggiungo che mi richiede una continua ricerca di immagini da poter utilizzare per un’idea che ho in mente, soprattutto mi spinge ad osservare molte opere d’arte, di ogni epoca, e questo mi arricchisce, mi aiuta a elaborare meglio l’idea, a saperla modificare, adattare a quello che trovo.

 

FN: Come descriveresti l’evoluzione della tua pratica artistica negli ultimi anni?

FL: Quando ho cominciato nel 2010, il collage era per me una sorte di terapia. All’epoca non lavoravo, ero alla soglia dei 50 anni e mi sentivo inutile. I primi collage riportano sempre l’immagine delle mie mani. Era un modo per dirmi che c’ero, che potevo fare. Ho sempre lavorato su cartoni neri per poter dare e direzionare la luce ai vari elementi in B/N che sovraesponevo o scurivo secondo necessità. Non a caso la mia prima mostra nel 2014 si chiamava “L’Orlo del Buio”. Inoltre ho sempre voluto inserire, dove possibile, un dettaglio di un’opera d’arte famosa, per rispetto e per gratitudine a chi era riuscito a creare tanta bellezza. Negli ultimi anni ho inserito più elementi di colore, tolto l’immagine delle mie mani e ho tentato di lavorare anche su superfici bianche, ma devo confessare che non mi sono congeniali.

 

FN: Qual è il ruolo dell’arte, secondo te, nel riflettere e influenzare le dinamiche sociali e culturali contemporanee?

FL: Trovo che il ruolo dell’arte sia fondamentale e che gli artisti abbiano una grande responsabilità, forse senza volerlo. Ma tutti i movimenti artistici, soprattutto dal Novecento in poi, hanno saputo rappresentare il presente, ne hanno colto il nocciolo, lo hanno denunciato, esaltato, lo hanno anticipato. La mia risposta è un po’ ovvia ma basti pensare a Guernica di Picasso e di come oggi quel quadro giri per internet modificato con i colori della Palestina.

 

FN: Ci sono artisti o movimenti che hanno influenzato particolarmente il tuo percorso creativo?

FL: Nessuno in particolare benché ci siano molti artisti che amo. Tra questi Alberto Burri, Felice Casorati, Vilhelm Hammershøi pittore danese

 

FN: In che modo la tua formazione e il tuo background fiorentino influenzano la tua visione artistica?

FL: Sono sempre stata curiosa, dotata di una certa manualità, abituata alla bellezza di questa città e alla sua cultura così quando si è presentata la voglia di fare collage, ho solo messo lì dentro i miei 50 anni di vita.

 

FN: Quali sono i tuoi prossimi progetti o esposizioni in programma?

FL: Al momento non ho nessun progetto né esposizione in programma. I miei collage nascono all’improvviso, quindi devo solo avere pazienza e aspettare.

 

FN: C’è un messaggio o una sensazione particolare che speri il pubblico porti con sé dopo aver visto le tue opere?

FL: Solitamente non do un titolo ai miei collage, perché non voglio indirizzare la percezione di chi li guarda.
Mi piace l’idea che possano avere una loro impressione e confrontarmi con loro. Penso che ci possano essere più piani di lettura e che ognuno porti con sé nella visone del quadro le proprie esperienze e sensazioni.
Al di là dei messaggi che alcuni collage possano esprimere, vorrei che chi li guarda tornasse a casa con una sensazione di bellezza. Forse bellezza non è il termine più adatto, forse è troppo. Ecco, vorrei che lo ricordassero per un po’, perché li ha trattenuti lì a guardare, a cercare di capire e questo credo sia qualcosa di importantissimo per un artista.

 

Trovi le opere e le informazioni su Francesca Lagorio su www.francescalagorio.com

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