Solitudine digitale infantile: l’allarme degli psicologi toscani e i dati OCSE rivelatori

Il 17% dei bambini sono ansiosi senza schermi: la Presidente Gulino chiede un’alleanza tra scuola, famiglia e istituzioni per un uso consapevole e la protezione dei minori

È un grido d’allarme quello lanciato dagli Psicologi Toscani di fronte a un fenomeno sempre più diffuso: la solitudine digitale che affligge i bambini. La presidente del Consiglio Nazionale e dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, Maria Antonietta Gulino, commenta con forte preoccupazione i dati del recente rapporto OCSE “Come va la vita dei bambini nell’età digitale“. La ricerca rivela un dato inquietante: il 17% dei bambini si sente nervoso o ansioso quando viene privato dei propri schermi.

“Un bambino che imita un adulto incollato al cellulare apprende che quello è un comportamento normale e così, senza alcun filtro, lo schermo entra nella sua vita come se fosse un elemento naturale della routine familiare o scolastica”, afferma Gulino.

Una percentuale, quella evidenziata dall’OCSE, che secondo Gulino “dovrebbe allarmare, non solo genitori e insegnanti, ma l’intera società. Ci dice che non stiamo costruendo una rete di protezione intorno ai minori, ma li stiamo lasciando soli con uno strumento invasivo, capace di nuocere gravemente alla salute”, sottolinea la presidente dell’Ordine degli Psicologi.

Educare e proteggere: le due vie cruciali

La presidente dell’Ordine degli Psicologi individua due fronti d’azione urgenti e complementari:

  • L’educazione digitale: “I bambini non imparano solo dai tutorial o dai cartoni, ma modellano il loro comportamento su ciò che vedono fare agli adulti. Se l’adulto è sempre al telefono, il messaggio è chiaro: quel dispositivo è centrale, imprescindibile, persino prioritario rispetto alla relazione umana”, spiega Gulino. È fondamentale che gli adulti siano i primi a dare l’esempio di un utilizzo consapevole e misurato della tecnologia.

  • La protezione: “Non si può lasciare un bambino ore da solo con un tablet”, prosegue Gulino. “Occorre vigilare attivamente, spiegare, filtrare i contenuti, ma soprattutto essere presenti. Quel cellulare non è un compagno: è un dissuasore di relazione”, afferma la presidente dell’Ordine degli Psicologi. La presenza affettiva e la mediazione genitoriale sono insostituibili.

Un appello a scuola, famiglia e politica

Gulino chiama in causa con forza il mondo della scuola, della famiglia e della politica, sottolineando la necessità di abbandonare una visione ingenua degli strumenti digitali. “Dobbiamo smettere di considerare questi strumenti come innocui o neutri. Hanno un impatto sulla vista, sulla concentrazione, sul sonno, ma soprattutto sul modo in cui un bambino impara a stare al mondo. E noi adulti siamo responsabili di questo imprinting”, dichiara Gulino.

L’appello finale della presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana è chiaro: “Riportiamo il cellulare alla sua funzione originaria: un bene mobile, utile, ma non onnipresente e strutturiamo una rete culturale di attenzione, perché un minore lasciato solo davanti a uno schermo è un minore esposto. E un minore esposto è, semplicemente, un bambino non protetto”, conclude Gulino.

La sfida è quella di creare un ambiente digitale sicuro e stimolante, dove la tecnologia sia uno strumento a servizio della crescita e non una barriera affettiva. La sinergia tra educatori, genitori e istituzioni è la chiave per proteggere il benessere psicologico dei nostri bambini nell’era digitale.

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