Liste d’attesa: basta soluzioni “emergenziali” – serve una svolta culturale

Andrea Vannucci dell’Università di Siena: “La vera criticità è che manca una pedagogia della salute e si continua a inseguire la domanda, senza affrontare le radici del problema”

Le liste d’attesa nel Servizio Sanitario Nazionale non si risolvono con mere soluzioni tecniche, ma richiedono una vera e propria svolta culturale che coinvolga professionisti sanitari, istituzioni e cittadini. Questo il punto di vista di Andrea Vannucci, docente a contratto di Programmazione, Organizzazione e Gestione Sanitaria presso l’Università di Siena, espresso in un intervento su Toscana Medica, la rivista dell’Ordine dei Medici di Firenze.

Secondo Vannucci, gli interventi attuali, pur apprezzabili per organizzazione e tecnologia, non affrontano le cause profonde del problema. “La vera criticità è che continuiamo a inseguire soluzioni emergenziali, senza toccare la cultura della sanità, che oggi è dominata da logiche prestazionali e consumistiche, spiega Vannucci. Secondo il docente si agisce sull’efficienza delle agende e sulla digitalizzazione, ma si trascurano l’inappropriatezza della domanda, la medicina difensiva e l’idea, spesso indotta, che ogni sintomo richieda un accertamento diagnostico immediato.

La “pedagogia della salute”: un assente ingiustificato

Vannucci critica anche la narrazione emergenziale costante sul tema delle liste d’attesa. “Parlare costantemente di ‘emergenza’ contribuisce a generare allarme nella popolazione, spingendo verso il ricorso al privato e deresponsabilizzando i decisori pubblici”, spiega l’esperto. Egli sottolinea come non tutto ciò che si desidera subito sia clinicamente necessario e lamenta la totale assenza di una “pedagogia della salute” e di una comunicazione istituzionale che sappia spiegare il senso dell’attesa, la necessità di valutare priorità e appropriatezza.

Anche l’introduzione della piattaforma nazionale di prenotazione, vista come una svolta tecnologica, rischia di creare un’illusione di efficienza. “Si tratta di uno strumento utile in termini di trasparenza, ma se non è accompagnato da un aumento reale dell’offerta e da una revisione profonda dei criteri di accesso, finirà per diventare solo uno specchio che riflette la scarsità, senza risolverla. Sapere che l’attesa per una risonanza è di sei mesi non riduce automaticamente quell’attesa”, evidenzia Vannucci.

Verso un nuovo “patto culturale” per la sanità pubblica

Per risolvere la questione, Vannucci ritiene fondamentale uscire dalla logica della rincorsa alla domanda e costruire un nuovo “patto culturale” tra medici, istituzioni e cittadini. “Serve una sanità pubblica che sappia dire dei no giustificati, che spieghi perché non tutto è urgente, che recuperi il senso del tempo nella medicina,” conclude. Solo in questo modo sarà possibile garantire un sistema equo, sostenibile e realmente orientato alla salute, piuttosto che alla semplice prestazione.

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